Gender marketing


La società si trova in una fase di cambiamento e nuovi equilibri e rapporti di genere si stanno consolidando: sono sempre di più le donne che aspirano a spazi di indipendenza e autonomia e cresce il numero degli uomini single, che si preparano i pasti e sono costretti a prendersi cura della casa autonomamente.

Uno scenario impensabile negli anni 50, quando le pubblicità relegavano la donna nell’ambito di moglie e casalinga, devota e dipendente dal marito e, quindi, sottomessa ad una realtà fortemente maschilista.

Un panorama che dimostra uno spostamento degli interessi specifici per genere e pertanto il marketing, oltre a considerare uomini e donne come due gruppi distinti, deve anche tenere conto di tali variazioni di interesse e cambio di ruoli all’interno della società.

Con il gender marketing si intende, così, l’adeguamento dei mezzi e delle misure pubblicitarie ai comportamenti di consumo e di acquisto tipici per genere: il “consumatore” deve poter scegliere in base alla propria individualità e non al sesso.

Gender” è una parola inglese che non intende il sesso biologico determinato dalla nascita (“sex”), ma il sesso socioculturale, ovvero i diversi ruoli e le diverse tipologie di comportamento sessuale, improntati dalla società e dalla cultura.

La pubblicità ha conseguenze sugli individui, sull’economia e sulla società. Donne e uomini sviluppano preferenze e metodi di comportamento già durante l’infanzia: le bambine giocano volentieri con le bambole, mentre i bambini preferiscono le macchinine. Un reale cambiamento culturale, che porti al superamento di preconcetti e stereotipi, deve partire oltre che in famiglia, nei giochi e nella formazione.

A tale proposito, in Spagna, in occasione del Natale 2016, la casa automobilistica Audi ha voluto infrangere gli stereotipi di genere con la diffusione di uno spot dal titolo “Cambiamo il gioco” [https://www.youtube.com/watch?v=V-siux-rWQM]. Lo spot, ambientato in un negozio di giocattoli, mostra due grandi scaffali: uno rosa, dove sono concentrati i giochi-da-femmine, e uno blu, con i giochi-da-maschi. Dopo l’orario di chiusura i giocattoli prendono vita e una Barbie, visto che la sua carrozza non parte, prende coraggio e si lancia nello scaffale blu, dove sale a bordo di un’Audi R8 e inizia a vivere un’avventura adrenalinica. All’improvviso si accendono le luci, il negozio riapre e un bambino viene attratto proprio dalla macchina con al suo interno la bambola… Lo spot è stato ideato con lo scopo di sovvertire gli stereotipi, “perché giocare, come guidare, non dovrebbe includere stereotipi di genere”.

Nel Regno Unito l’Advertising Standards Authority (ASA), organizzazione di autoregolamentazione dell’industria pubblicitaria, ha decretato che l’esistenza degli stereotipi di genere nei messaggi commerciali può “restringere le scelte, le aspirazioni e le opportunità degli spettatori […] recando danno ad adulti e bambini”. Da qui il divieto per le pubblicità di trasmettere stereotipi sessisti e l’introduzione di standard più rigidi che possono svolgere un ruolo importante nel combattere le disuguaglianze.

Anche il nostro Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria (IAP), nell’articolo 10 del Codice, cita che “La comunicazione commerciale […] deve vietare ogni forma di discriminazione, compresa quella di genere”. Nel 2015, infatti, proprio lo IAP, appellandosi a tale articolo, ha ritirato lo spot del pannolino Huggies bimbo e Huggies bimba. Il prodotto dell’azienda Huggies un non aveva nulla che non andava, ma il messaggio della pubblicità, che sottolineava come le diverse necessità a livello fisico venissero estese ai desideri futuri dei bambini e delle bambine, è stato ritenuto espressione di discriminazione di genere.

“Lei penserà a farsi bella; lui a fare gol; lei cercherà tenerezza; lui avventure; lei si farà correre dietro; lui invece ti cercherà. Così piccoli e già così diversi allora perché usare gli stessi pannolini. La rivoluzione Huggies: bimba e bimbo. L’unico pannolino progettato sulle loro differenze, per catturare la pipì proprio lì dove la fanno. Per un asciutto su misura: Huggies bimba e Huggies bimbo”: questo il messaggio che la voce narrante recitava sulle immagini dello spot.

“No gender”, “agender”, “genderless”, “gender free”, “gender neutral”, “gender fluid”, modi diversi per affermare l’assenza di genere.

Un abito un po’ troppo stretto quello degli stereotipi… e lo dimostra anche la scelta di colossi del fast-fashion, come Zara e H&M ad esempio, con il lancio di collezioni che possono essere indossate indifferentemente da uomini e donne.

 

[Stefania Giuseppetti per AZ Franchising]