Il “buzz”: il “ronzio” delle conversazioni


Agli albori della pubblicità, quando parlavano in pochi, la forza comunicativa era davvero notevole. Ma nello scenario attuale, dove “tutti” comunicano “tutto” e anche il web ci bombarda di informazioni, distinguersi tra i messaggi persuasivi e i banner psichedelici non è facile: questi si schiacciano l’uno sull’altro, si mescolano tra loro, perdendo di definizione e personalità, con il risultato di produrre un impatto mediocre e di lasciare solo un debole ricordo.

Per uscire da un “mercato” ormai saturo, le imprese sempre più necessitano di una strategia di marketing capace di smettere di parlare ai consumatori e di iniziare a “chiacchierare” con loro, instaurando un rapporto che li incoraggi a parlare con altri sui prodotti o i servizi che esse stesse offrono.

Siamo nell’era della conversazione e anche se tecnicamente parliamo di marketing non convenzionale non c’è niente di più tradizionale delle vecchie chiacchierate. I pettegolezzi, la curiosità e il desiderio di sapere sono espressioni che convivono con le altre forme della socialità, amplificate e moltiplicate dai nuovi mezzi di comunicazione.

Dall’advertising all’advertainment, neologismo composto dalle parole advertising ed entertainment: l’obiettivo diventa quello di fare pubblicità intrattenendo, ovvero di fare pubblicità puntando a una comunicazione che stupisce il pubblico e crea in lui quella reazione emotiva che stimola la conversazione e innesca meccanismi di diffusione virale.

Più si parla di un determinato prodotto o servizio e più si crea quel brusio – “buzz” – mediatico che rende noto tutte le caratteristiche del bene in questione.

La parola “buzz” richiama il ronzio delle api e rappresenta quell’insieme di attività di marketing off-line e on-line che permettono di raggiungere, nel minor tempo possibile, uno “sciame” di utenti e consumatori, omogenei per interessi rispetto ad un tema o ad una categoria di prodotti.

Il “buzz marketing” permette, quindi, di creare, sviluppare e mantenere vivo – intorno a un prodotto, brand o azienda – quel brusio di fondo generato spesso in maniera incontrollata. Le sue dinamiche appartengono alla dimensione del marketing conversazionale, finalizzato ad aumentare il numero ed il volume delle conversazioni delle persone.

Infatti, più che target da colpire, possiamo parlare di persone con cui risuonare. Le persone che prima venivano identificate come semplici consumatori, ora dialogano con le imprese e diventano parte integrante nella formazione di idee e nella produzione dei nuovi prodotto o servizi.

La pubblicità esce, così, dagli spazi tradizionali e si infila nella vita reale degli individui ed entra nella loro mente.

Il “buzz marketing” ovviamente ha successo quando il prodotto o il servizio segnalato diventa oggetto di conversazione positiva ed acquisisce in tal modo una notorietà. Se i suoi vantaggi sono evidenti (capacità di persuasione, costi praticamente nulli, tempi di propagazione ridotti), non bisogna, però, trascurare anche gli aspetti negativi, perché il brusio può risolversi non solo a beneficio del prodotto o del servizio, ma anche nel suo contrario. In questo caso il “buzz marketing” fornisce tutti gli argomenti per gestire l’impatto sfavorevole sul pubblico, resi possibili dal web e soprattutto dallo strumento “blog”: un diario informale e diretto, capace di recepire, integrare e valorizzare consigli, suggerimenti e critiche al fine di migliorare la propria produzione, la propria immagine e in definitiva il proprio business.

In un progetto di “buzz marketing” il flusso della campagna inizia già prima del lancio del prodotto o servizio creando un’attesa e quindi un “buzz”, che successivamente al lancio, è in grado di innescare quelle “conversazioni”, che consentono alle idee di espandersi come veri e propri contagi sociali. Il passaparola, o “word of mouth”, è sì una forma di comunicazione, ma è soprattutto un’esperienza presa a prestito gratuitamente da altri di cui ci si fida, in grado di influenzare la decisione d’acquisto.

Con il “buzz marketing”, quindi, aumenta la possibilità per ogni impresa di sfruttare le proprie caratteristiche positive e dal passaparola trarre dei vantaggi. È questo il caso della Blendtec, un’azienda che produce frullatori domestici, potenti a tal punto di frullare anche oggetti di metallo. Il responsabile marketing della Blendtec, George Wright, qualche anno fa ebbe l’idea di filmare il CEO dell’azienda Tom Dickinson mentre, nel suo laboratorio, frulla gli oggetti più improponibili come, ad esempio, un rastrello e pubblicare i video su YouTube. Il successo arrivò quando nel frullatore ci finì il primo iPhone, appena debuttato sul mercato. All’iPhone seguì l’iPad (guarda il video) e il risultato è stato oltre quattro milioni di visualizzazioni ma, soprattutto, il giro d’affari dell’azienda si è quadruplicato in quattro anni.

Il canale YouTube ci offre numerosi esempi di “buzz marketing” originali e di successo, video che hanno generato milioni di visualizzazioni in tutto il mondo.

Tra questi il video creato da Evian – Evian baby&me –, il brand di acque minerali appartenente al gruppo francese Danone, è stato un successo grandioso: oltre centroventitre milioni di visualizzazioni e un effetto davvero virale!

 

[Stefania Giuseppetti per AZ Franchising]