Neutral Gender Marketing


Il mercato cambia sempre più rapidamente e, con esso, anche i target di riferimento delle aziende mutano e si allargano: crescono i consumatori che si sentono a proprio agio nell’esprimere identità personali oltre il binario di genere.

Di fronte a tale scenario assistiamo ad una propensione verso il gender neutro e, di conseguenza, alla nascita del Neutral Gender Marketing. Non si tratta di una semplice tendenza, un modo per assecondare determinati dati demografici, o un mezzo per semplificare la produzione, ma un’esigenza reale, dettata dai bisogni dei consumatori del futuro, che hanno ridisegnato i confini di genere, rendendoli sempre più sfumati: i giovani consumatori appartenenti alla “Generazione Z”. “Z” come l’ultima lettera dell’alfabeto e come la fine di un ciclo in cui è fondamentale la riorganizzazione della comunicazione. Nati tra la fine degli anni ’90 e il 2010, non amano la schematizzazione binaria tradizionale dei sessi e non si identificano in un genere preciso. E allora preferiscono prodotti gender fluid o agender, dall’identità indefinita, per essere liberi di esprimere la loro personalità ancora tutta da scoprire.

“Gender” è una parola inglese che non intende il sesso biologico determinato dalla nascita (“sex”), ma il sesso socioculturale, ovvero i diversi ruoli e le diverse tipologie di comportamento sessuale, improntati dalla società e dalla cultura.

Con la crescita dell’interesse del pubblico per il branding neutrale rispetto al genere, alcuni marchi hanno raccolto la sfida, riformulando il loro copywriting, introducendo linee di prodotti sterili di genere o riorganizzando completamente la loro strategia.

La moda, che da sempre riflette e narra la storia della nostra società, ha anticipato la tendenza ‘no gender’ (da non confondersi con il concetto di ‘unisex’ nato negli anni ’60-’70, che nella condivisione dell’abbigliamento favoriva l’emancipazione femminile).

Attraverso le collezioni “non binarie”, la moda supera le convenzioni sociali, punta sull’inclusività e incoraggia gli acquisti in base alla propria individualità.

Una scelta strategica che se da un lato raggiunge un nuovo tipo di clientela, dall’altro sollecita la riflessione sul fatto che si possono superare le limitazione imposte dagli stereotipi, i quali, attraverso un insieme di caratteristiche preconfezionate, attribuite come tipiche, a una categoria o gruppo sociale, fanno prediligere alcuni modelli rispetto ad altri

Nel 2020 Levi’s ha offerto la sua prima incursione genderless con una collezione “Unlabeled”, che resiste al conformismo per celebrare l’individualità e l’espressione di sé, perché se i jeans possono aver bisogno di etichette, le persone stanno bene anche senza [https://www.youtube.com/watch?v=tNo-MUTEZz4].

L’arcobaleno è sicuramente il simbolo più conosciuto e rappresentativo dell’importanza e della bellezza della diversità, in grado di comunicare immediatamente i concetti di orgoglio e rivendicazione dei diritti delle persone, nonché di inclusione, indipendentemente dall’orientamento e dall’identità sessuale, esibito non solo nella celebre “rainbow flag”, ma anche come decorazione sul corpo e sugli abiti.

Un simbolo che non poteva passare inosservato agli occhi di molte aziende che hanno cominciato a usarlo e farlo proprio in vari modi: dalla personalizzazione del logo e dei materiali di comunicazione al lancio di linee di prodotto dedicate, come ha fatto, ad esempio, il brand di abbigliamento Calvin Klein con la sua capsule collection.

Il marchio di scarpe Converse, impegnato a supportare movimenti a favore di cambiamenti sociali positivi e ad amplificare la voce dei giovani che promuovono il progresso verso il futuro in cui credono, ha presentato la sua nuova linea dedicata all’inclusione ispirata al tema “More color, More Pride”: un arcobaleno espanso che si aggiorna quest’anno con due righe, una nera e l’altra marrone, per celebrare le persone queer (coloro che non sono eterosessuali e/o non sono cisgender) nere.

Gucci, invece, con il suo direttore creativo Alessandro Michele, noto per aver introdotto le collezioni seasonless (senza stagione) e gender free, ha presentato “Gucci MX” (https://www.gucci.com/it/it/st/mx-landing), la piattaforma di e-shop totalmente gender fluid, dove i capi vengono indossati da modell* gender neutral. «Il mondo antico cantava le meraviglie dell’essere tra i due sessi. Oggi è una delle maschere più difficili da indossare, ma essere un ibrido è una benedizione». Questo era il messaggio nell’invito di Gucci alla sfilata autunno-inverno 2019/20: una testimonianza all’attenzione alla fluidità di genere e alla sua accettazione, ma soprattutto la comprensione della mentalità della Generazione Z.

È interessante lo studio fatto da Mattel Fashion Doll Design, che dopo aver affrontato anni di critiche per aver proiettato una versione idealizzata della bellezza femminile con la sua bambola Barbie, ha presentato quella che è stata definita la prima “bambola di genere neutro”. “I giocattoli sono un riflesso della cultura e, mentre il mondo continua a celebrare l’impatto positivo dell’inclusività, – spiega Kim Culmone, vicepresidente senior del colosso americano leader nella produzione di giocattoli – abbiamo sentito che era giunto il momento di creare una linea di bambole priva di etichette”. Questa linea, “Creatable World”, consentirà a tutti i bambini di esprimersi liberamente, personalizzando le bambole a seconda dei propri gusti, e incoraggerà le persone a pensare a come tutti i bambini possono trarre beneficio dal gioco delle bambole.

La pubblicità, che ha una lunga storia di stereotipi di genere eclatanti, sta dimostrando di poter raggiungere risultati importanti, che vanno al di là della promozione, contribuendo ad accelerare il cambiamento percettivo e culturale e di una società migliore.

L’evoluzione verso il superamento degli stereotipi e a favore di un mondo sempre più fondato sulla Gender Equality, sarà una chiave importante per la longevità e il successo dei brand di oggi e di domani.

 

[Stefania Giuseppetti per AZ Franchising]