Privacy e marketing: quanto realmente siamo spiati


Oggigiorno, attraverso l’uso della tecnologia, viene scambiata una mole sempre più elevata di informazioni e ognuno di noi, utilizzando dispositivi e applicazioni, lascio tracce utili alla sua identificazione.
I dati sensibili sono quelle informazioni personali che riguardano la sfera più intima dell’individuo e che, pertanto, necessitano di una speciale protezione. Informazioni che possono rivelare non solo le generalità o riferimenti di contatto, ma anche dati familiari, origine etnica, convinzioni religiose o filosofiche, opinioni politiche, adesione a sindacati o associazioni, stato di salute, vita sessuale, ma anche informazioni soggettive come valutazione e opinioni.
La profilazione degli utenti è una grande ricchezza per le aziende, che mirano ad ideare e produrre prodotti e servizi su misura per target di consumatori sempre più specifici.
Da uno studio che Google ha commissionato ad Ipsos (società multinazionale di ricerche di mercato e consulenza, fondata nel 1975), intitolato “Privacy by Design: Exceding Customer Expectations”, risulta che l’80% degli utenti europei intervistati sono preoccupati per il potenziale uso improprio delle informazioni personali, eppure il 93%, ha fornito alle aziende dati che potrebbero essere ritenuti sensibili (ad esempio nome, indirizzo, informazioni di contatto, dati anagrafici e dati familiari), mentre solo il 3% crede di avere il controllo completo della divulgazione e della rimozione dei propri dati online.
Ma allora, A prescindere dalle preoccupazioni, Cosa spinge le persone ad andare oltre e a decidere di rivelare la propria privacy?
La disponibilità dei consumatori è proporzionale alla relazione che esiste tra il “costo” e il “beneficio”.
Assistiamo, quindi, a una complessa serie di atteggiamenti e comportamenti contraddittori da parte dei consumatori, come ha anche sottolineato Katherine Jameson Armstrong, Head of Qualitative media research presso Ipsos Mori.
Se da un lato i brand costruiscono proposte convincenti per ottenere i dati personali, dall’altra i clienti si assicurano il formidabile vantaggio di accedere a promozioni, offerte e informazioni utili: una best-practice di scambio di valore bidirezionale. Matt Brittin, Presidente di Business and Operation di Google in Emea, ha dichiarato che «La privacy non è più una nice to have: per i clienti è essenziale. I nostri risultati oggi mostrano che le persone sono disposte a condividere i loro dati, a condizione che i brand siano trasparenti sui dati che raccolgono, come vengono utilizzati e qual è il vantaggio per il cliente. Non c’è futuro per la pubblicità digitale senza privacy. È vitale che i brand si adattino a questo panorama in evoluzione, investendo in una migliore misurazione end-to-end, creando uno scambio di valore chiaro e bidirezionale incentrato sui dati di prima parte e abbracciando nuove competenze e partnership».
I dati sensibili sono soggetti, per la loro delicatezza, ad un particolare trattamento giuridico. Dal 10 gennaio 2022 le aziende che hanno sede in Italia o che si rivolgono a utenti con sede in Italia, dovranno adeguarsi alle nuove direttive previste dal GDPR (General Data Protection Regulation).
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