Pubblicità e affollamento. Come combattere l'”effetto marmellata”


La pubblicità commerciale è pagata dall’utente e non dal destinatario, non mira all’obiettività, ma all’acquisto del bene/servizio a cui si riferisce. Nasce dalla concorrenza e la alimenta. Influenza le decisioni dei consumatori, impone modelli di vita, modifica abitudini, ne crea di nuove, esercitando spesso una forza di condizionamento che obbliga a consumi a volte superflui; contribuisce a correggere alcuni errori di vendite o controbilanciare le debolezze commerciali, ma non può sopperire alle insufficienze quando è sbagliata la strategia di prodotto o di prezzo, di distribuzione o di servizio postvendita.
Lo scopo della pubblicità è provocare una propensione all’acquisto della marca, rendendola desiderabile.
Agli albori della pubblicità, quando parlavano in pochi, la forza comunicativa dei prodotti pubblicizzati era notevole. Solo perché visto in televisione il prodotto era considerato sicuramente affidabile.
Ma questo è il passato.
Nello scenario attuale, invece, dove “tutti” comunicano “tutto”, sono proprio le aziende medio piccole e i nuovi franchisor ad avere maggiore bisogno di fare pubblicità, ma generalmente lo fanno in modo non appropriato. Spesso, in maniera discontinua, con interventi sporadici e con budget ridottissimi, è infatti lo stesso titolare a produrla e a gestirla direttamente.
La comunicazione d’impresa, invece, è un’attività costante che, per valorizzare al massimo le risorse, soprattutto quando i budget a disposizione sono piccoli, richiede l’attenzione di specialisti.
Interventi sporadici diventano dispersivi perché non riescono ad imporre e consolidare un marchio e, soprattutto, rischiano di imbattersi nel cosiddetto “effetto marmellata”. Con questa definizione si disegna la confusione nella mente del pubblico che riceve una grande quantità di messaggi che si mescolano tra loro, per cui un sovraffollamento di informazioni li rende spesso indistinguibili tra loro. Ciò si verifica quando vi è un eccessivo affollamento dei mezzi e i troppi messaggi pubblicitari si schiacciano l’uno sull’altro, perdendo di definizione e personalità, con il risultato di produrre un impatto mediocre e di lasciare solo un debole ricordo.
Per evitare di subire questo “effetto”, un’arma vincente è la creatività.
La comunicazione, per attirare l’attenzione del pubblico, deve essere efficace, persuasiva e originale.
Ma in un contesto in cui tutto è pubblicizzato ovunque, quali sono le principali leve usate per emergere attraverso l’affollamento e superare l’“effetto marmellata”?
La comunicazione non vive solo di “effetti speciali”, ma anzi, spesso questi vengono sacrificati a vantaggio della chiarezza e della coerenza, perché, comunque, l’obiettivo della pubblicità non è l’espressione artistica. Il messaggio deve essere univoco e il suo obiettivo è stimolare l’interesse e la curiosità del consumatore verso il prodotto. Il risultato può essere determinato solo dalla perfetta integrazione dei fattori, qulunque essi siano: visual, testo, musica.
Ciò che veramente attira e condiziona la nostra attenzione è l’aspetto estetico e compositivo del messaggio. L’efficacia della comunicazione, infatti, non è solo determinata dal che cosa viene detto e rappresentato, ma dal suo come. In un messaggio pubblicitario, si possono distinguere tre aspetti: la sorpresa, la comunicazione e la persuasione. La sorpresa serve ad attirare l’attenzione del pubblico, può essere di tipo verbale, visivo o auditivo e si usa, in genere, quando si vuole comunicare una novità o un’infrazione. La comunicazione può avvenire attraverso la narrazione e il linguaggio figurale. La tecnica del racconto viene scelta quando si vuole rappresentare la fiaba (il prodotto diventa “un mezzo magico”), lo slice of life (fetta di vita: una vicenda reale pervasa da ottimismo), oppure la gag (microstoria, in cui prevale l’elemento comico). Quando invece la pubblicità è su una rivista o su un cartellone stradale, allora spesso risultano utili le figure retoriche, le quali meriterebbero un discorso a parte. La persuasione può essere diretta o mascherata. Quella diretta elogia il prodotto, l’acquirente e il produttore. Quella mascherata, usa tre tecniche: le associazioni mentali (ad esempio, il prodotto è associato a corpi sensuali o a musiche celebri), l’evocazione di un’atmosfera in cui viene calato il prodotto e l’immagine senza commento, generalmente usata per le marche famose, in cui il prodotto si presenta in una maniera silenziosa, diretta e senza elogi, attirando, comunque, l’attenzione.
La forza di un messaggio pubblicitario è tanto più efficace quanto più riesce a coinvolgere gli aspetti emozionali del fruitore, proponendogli l’acquisto di un oggetto come soddisfazione simbolica di un bisogno, il più delle volte creato artificialmente.
Il messaggio pubblicitario deve sempre essere originale ed esteticamente stimolante, in grado di imporsi all’attenzione del pubblico mediante idee nuove e insolite.
Quanto detto si può adattare ai diversi mezzi di comunicazione a disposizione dell’advertising, per mantenere le dinamiche di cui sopra anche nei nuovi media, internet in testa, dove è sotto gli occhi di tutti come negli ultimi due/tre anni sia incredibilmente aumentato il volume e l’affollamento di messaggi pubblicitari.

[Stefania Giuseppetti per AZ Franchising]