Responsabilità sociale e distanze… di sicurezza


Con il diffondersi di una cultura sensibile al benessere della collettività, è sempre più frequente che le aziende sentano la necessità di intraprendere un cammino di maggiore responsabilità sociale, un’azione puramente volontaria di impegno etico che va oltre il semplice profitto.

Philip Kotler – uno dei pionieri del marketing sociale – già nel 1991 proponeva all’impresa l’ottica di marketing sociale: un orientamento di gestione in cui si riconosce che lo scopo prioritario dell’organizzazione è quello di studiare i bisogni ed i desideri dei mercati con cui si entra in contatto, cercando di soddisfarli meglio rispetto alla concorrenza, ma tentando di preservare o migliorare il benessere dei consumatori e della collettività.

Un’impresa che si assume delle responsabilità sociali, può favorire il cambiamento positivo di atteggiamenti collettivi e, addirittura, facendo fronte a quelle esigenze sulle quali il governo fa fatica ad avvicinarsi, può diventare autrice di una società migliore.

La responsabilità sociale non è un fenomeno passeggero legato ad una moda culturale, ma qualcosa di permanente che consente al brand di guadagnare in termini di immagine e reputazione agli occhi dei consumatori, i quali, più sensibili a determinate tematiche, potrebbero iniziare a preferirne i prodotti/servizi rispetto alla concorrenza. Infatti, le persone sempre di più scelgono i brand in cui si riconoscono e non semplicemente per il vantaggio delle offerte che propongono.

Anche in questa situazione di pandemia che stiamo attraversando, in cui il distanziamento obbligatorio è uno dei termini più ricorrenti nel panorama comunicativo, le imprese hanno l’occasione per mostrare con azioni concrete la loro forza e i loro valori, al fine di instaurare una relazione duratura con i loro clienti.

E proprio con l’obiettivo di ricordare e sottolineare l’importanza del distanziamento fisico per prevenire possibili contagi, alcuni marchi hanno modificato, momentaneamente, la loro identità visiva, elaborando una strategia di branding capace di influenzare i comportamenti e sensibilizzare le scelte del loro pubblico.

Lo ha fatto il marchio sportivo Kappa, con la campagna “Uniti più che mai, anche se distanti”, in cui ha allontanato i due omini seduti del suo iconico logo, tradizionalmente appoggiati l’uno alla schiena dell’altro.

E lo ha fatto Coca-Cola, a New York, mostrando il logo con le lettere ben lontane tra loro su un cartellone digitale in una deserta Times Square, accompagnato dal messaggio “Stay apart is the best way to stay united” – “Restare distanti è il miglior modo di restare uniti”.

E ancora, McDonald’s, in Brasile, ha allontanato i due archi gialli che compongono la celebre “M” del marchio, con il messaggio: “Separated for a moment so that we can always be together” – “Separati per un momento per stare sempre insieme”.

Dal famoso logo delle banane “Miss Chiquita” con il cesto di frutta in testa, è rimasta a casa e lo annuncia sul canale Instagram ufficiale: I’m already home. Please do the same and protect yourself. #stayhome (https://www.instagram.com/p/B-E7kQjIj1D/).

Audi, la casa automobilistica tedesca, con “Keep distance. Stay together” – “Mantenere le distanze. Stare insieme” – ha separato i 4 noti anelli uniti, così come la Volkswagen con “Thanks for keeping your social distance” – “Grazie per mantenere la distanza sociale” – ha distanziato la V dalla W, ed anche la Mercedes, che ha staccato i due elementi del suo marchio, ovvero la stella a tre punte dal cerchio.

Tutti gesti che vogliono simboleggiare l’idea di una distanza fisica ma che vogliono anche rafforzare l’unione tra le persone e le persone e il brand.

Il “sociale” diventa un elemento sempre più presente nella vita dell’individuo e sempre di più alle proposte di consumo si collegano messaggi sociali. La figura del consumatore non corrisponde più a quella del ricettore passivo del prodotto/servizio che gli vengono proposti, ma, con le sue decisioni di acquisto e i suoi comportamenti, partecipa attivamente a “costruire” l’offerta di quei beni e servizi di cui, sul mercato, fa domanda.

 

[Stefania Giuseppetti per AZ Franchising]